Archivio per la categoria ‘Educazione e Omosessualità’

anelli

Robbie Rogers è un calciatore inglese gay di 27 anni, Roger era un calciatore gay di 27 anni. Oggi, è un ragazzo che lascia il proprio lavoro perché gay.

Nell’articolo, Robbie ci chiama in causa tutti, allenatori, tifosi, amici e famiglie.

Trovo l’esito di questa storia incredibile. Non perché non ne comprenda il processo o le motivazioni ma perché fotografa un problema che speravo, almeno in parte, superato. Dico in parte perché so bene che persistono nella nostra società gravi e gravissimi problemi di discriminazione rispetto alle scelte sessuali. Dico in parte perché mi pareva che qualche passo avanti fosse stato fatto. Ma forse non è così.

Il coming out di Rogers mi ha costretto ad interrogarmi. Mi ha spinto a riflettere su quanto lavoro ci sia ancora da fare per educare le persone all’incontro con l “altro”. L’altro da me, l’altro da ciò che vorrei che fosse, l’altro dal mio modo di pensare, l’altro dalla media e l’altro da ciò che io sceglierei. L’altro che spaventa. Succede per tutti gli altri, per tutti coloro che, per una serie di motivi, si distinguono, esteticamente, politicamente o rispetto alle scelte personali, sessuali e religiose. Succede anche alle popolazioni che arrivano da lontano, percepiti come altro da noi, trattati come se fossero pericolosi, dannosi o se va bene invisibili.

  • E’ così difficile accettare che le scelte altrui siano tanto differenti dalle mie?
  • E’ così difficile accettare che esistano altri modi di vedere l’amore, che esistano tanti modi di pensarsi insieme, di percepire il proprio corpo e la propria anima?
  • Gli altri sono, effettivamente, così pericolosi?

Se è vero che l’identità delle persone si forma attraverso l’incontro con gli altri. Come possiamo incontrare l’altro se per potermi definire “altro ” devo soffrire, sentirmi escluso, rischiare di essere espulso e deriso. Il rischio, come successo a Roger, è che io sia costretto ad essere come te, ad uniformarmi, a fingere di essere ciò che non sono. Il rischio è che si perda il valore, reale, della differenza.

C’è ancora tanta strada da fare, perché una società “adulta” non può costringere un ragazzo di 27 anni a cambiare lavoro, costringerlo nell’anonimato per anni. Una società “adulta”, come una famiglia “adulta”, prende i propri figli e li accompagna verso la felicità, la propria felicità. Una società “adulta” non costringe i propri figli a nascondere la fonte delle propria felicità.

Non siamo ancora abbastanza maturi.

Mi fa rabbia ciò che ho letto, perché Robbie ha appena comunicato al mondo che smetterà di giocare al pallone e lo ha fatto  raccontando di quanto sia stato difficile ascoltare frasi come : “Non passare la palla come un frocio“. Mi fa rabbia perché non mi pare che avesse voglia di smettere.

Alcune parole pensano come macigni. Leggere alcune frasi mi ha provocato un brivido lungo la schiena, un sottile freddo dentro le ossa, un senso di nausea. Leggendo l’articolo mi son detto che come educatore, genitore e uomo ho molto lavoro da fare perché la società in cui vivo impari ad incontrare veramente gli altri. Devo lavorare perché Rogers possa fare il lavoro che desidera, perché così facendo Robbie sarà sicuramente più felice e se è felice lui magari saranno felici anche le persone che gli stanno accanto, perché felicità genera felicità.

Educare alle differenze per educare alla felicità. Credo sia questa, per i prossimi tempi, la più importante responsabilità professionale e personale che ci aspetta.

Gli adulti con cui vivo e lavoro ne saranno consapevoli e soprattutto ne saranno in grado?

Christian S.

La foto è di Marco Bottani (www.ibot.it)