Archivio per aprile, 2014

Tortona 2012Da un po’ di tempo scrivo su questo blog, son più di due anni oramai. In questi due anni e passa in rete ho incontrato un sacco di persone, alcune passate dal blog magari solo per un commento, altre rimaste, abbonandosi al blog, altri rimasti perché l’incontro è andato oltre. Questi “altri” sono uomini e donne che partecipano a vario titolo al progetto di Snodi pedagogici.

In questi mesi abbiamo iniziato un progetto interessante, un progetto che si chiama Blogging day. Un progetto che ha portato a scivere all’interno del mio blog diverse persone. Genitori, insegnanti, educatori e cittadini interessati ai temi connessi con l’educazione che abbiamo proposto.

Anna dice “La costruzione di luoghi in cui prevale l’attenzione per la cura, per l’ordine, per la necessaria riappropriazione di uno spazio individuale perso durante il viaggio lo sbarco, l’accoglienza in grandi centri è oggi l’unica direzione in cui guardare per non sprofondare nell’idea che la violenza sia ormai definitivamente affermata.”

Mentre lo leggevo ho pensato: come è difficile in questa epoca di grande fatica economica aiutare le persone a non rinchiudersi in se stessi a non rifiutare l’incontro con quegli “altri” che ci sembrano sempre e maggiormente degli invasori.

A marzo ho pubblicato anche Il post di Luca Giangiacomi.

Luca dice: “Accostare la pedagogia alla politica, è un po’ come cercare di far fare all’amore l’acqua con l’olio, purtroppo  non ci si riesce. O quantomeno io non ci riesco”. 

Leggendolo ho pensato anche io la stessa cosa, come si può oggi accostare la parola Politica con la parola Educazione. Io non so come fare, sinceramente, ma sento che dobbiamo trovare il modo, in qualche modo dobbiamo ritrovare il senso stretto della connessione che i significati delle due parole si portano dietro da migliaia di anni.

-A febbraio abbiamo parlato di Scuola. Con il post di Federica Vergani

Federica ad un certo punto si domanda: “Come valutiamo? Anche il colorare ora è esercizio di coloritura e segue una valutazione (questa domanda sarà anche sarcastica… ma ora l’ho scritta)? Come è vissuto dai bambini il colorare?”

Il pezzo di Federica mi ha rimandato ad un pezzo a cui sono molto legato, connesso con la questione della valutazione. Che si chiama : La cultura dei voti.

-A gennaio il primo Blogging Day con il tema: educazione naturale.

Ho ospitato due genitori, la prima Alessandra Tracogna, moglie di un educatore da cui è nato questo bellissimo e provocatorio post.

Alessandra dice : “E sapere che anche l’altro (nonostante sia un educatore professionale) vada a letto con la domanda “avrò fatto bene?” mi rasserena…”

Quanto mi è piaciuto il suo pezzo, dissacrante, ironico, provocatorio. Un affondo sul rapporto tra educazione professionale e naturale, una finta competizione in cui a vincere sono i figli.

E poi il bel racconto di Enrico, in cui il box dei nonni si trasforma in un castello e in cui l’educazione si guarda attraverso le due magiche lenti : il gioco e la fantasia.

Che dire allora. La rete propone, a volte, degli incontri straordinari.

  • Incontri faticosi – Scrivere in rete chiede di imparare un nuovo modo di comunicare, di scherzare, di stare insieme. Ti chiede di ri- inventare il tuo modo di parlare. Chiede sintesi, chiarezza, chiede di  imparare a stare in stanze che esistono solo lì, che in altri luoghi non sono nemmeno riproducibili.
  • Incontri al buio,  dove il primo interfaccia è una piccola foto ed un nome e dove la fiducia nasce testandosi, guardando ciò che si scrive come ci si rapporta con gli altri. Incontri che a volte diventano fisici , come successo per le due assemblee del 21 settembre e del 16 novembre 2013.
  • Incontri dove ciò che dici è ciò che sei. Punto e basta.
  • Incontri vivi, di vita. Incontri di passaggio (perché alcuni son solo passati). Incontri che narrano anche un possibile futuro comune.

Buona fortuna Gente Snodata. Per le cose che faremo insieme e per le cose che ogni uno di voi farà nella sua vita professionale e personale. Per la strada percorsa e per la strada che percorreremo insieme. Buona fortuna qualsiasi cosa dovesse succedere nei prossimi mesi.

Incontrarvi è stato bello, utile e pedagogico.

Christian S.

L’immagine è di Marco Bottani ( il sito)

Milano 2013

Inizio 2014, poco fuori da una scuola elementare.

Una madre, mentre ritira il figlio, viene richiamata dalla maestra. Non sento il dialogo che ne segue, ma ne osservo incuriosito la mimica, i gesti e le espressioni. Quel giorno ho tempo e allora aspetto, guardo, osservo discretamente, e cerco di capire. Il film che vedo è quello di un dialogo che dura circa 15 minuti, in cui la madre non parla mai. La madre annuisce e basta. Muove la testa con una cadenza costante. La sensazione è che la maestra stia rimandando alla madre qualche informazione sul comportamento del figlio. La sensazione è che le stia raccontando una storia già sentita a cui la mamma non sa più né come rispondere né cosa dire. Finito il dialogo la madre si allontana pensierosa, testa bassa e sguardo preoccupato.  Ho anche la netta sensazione che la mamma si senta pesantemente in colpa. Come se la comunicazione le abbia rimandato, ancora una volta, di non essere in grado di risolvere il problema portato dall’insegnante.

Questa storia la sento molto vicina, perché spesso mi son trovato, sia da genitore sia da educatore ad annuire o far annuire gli altri. Sono state le domande che mi son fatto che mi han permesso di imparare qualche cosa da ciò che accadeva e di trovare nuove possibili domande e quindi risposte differenti.

Quindi:

  • Che scopo ha raccontare ad un genitore le difficoltà che il figlio ha a scuola, se ciò che gli rimandiamo non pare modificare nulla? 
  • Come possiamo aiutare i genitori a far tesoro delle informazioni che diamo loro?
  • Il fatto che la madre non faccia mai una domanda non ci lascia nessun dubbio sull’efficacia della nostra comunicazione?
  • Se la madre non ha nulla da chiedere, da approfondire? E’ solo un problema suo?

Ho imparato, negli anni, ad ascoltare l’effetto delle mie parole, perché è da questo che si possono imparare delle cose su come si comunica. Ho capito che se dalla stessa domanda arriva la stessa risposta forse è il caso di provare a cambiare la domanda iniziale.

Ho capito con il tempo che l’educazione è cambiamento. Può anche succedere di non riuscire a cambiare nulla. Ma se nulla cambia perché non riusciamo a cambiare il nostro modo di comunicare, forse per un pezzo, abbiamo la responsabilità di quell’immobilismo.

Christian S.

Mongolia 2009Questo  Post è dedicato a te, Zia A, con la speranza che tu possa rialzare la testa, piano piano, mentre ti allontani dal cancello della scuola.

Le foto sono di Marco Bottani (www.ibot.it)

Cose pedagogiche a kili.

Pubblicato: aprile 5, 2014 in Sarno Pedagogia

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