Se fai l’educatore, un certo quantitativo di “monnezza” devi mettere in conto di portarla a casa.
Tra poco vi chiederete cosa centra il video (molto forte) che ho postato poco sotto con l’educazione professionale.
Il nesso è questo: Un uomo viene ferito mentre cerca di aiutare un altro uomo ferito.
Guardano questo video (il cecchino) oltre all’orrore che ho provato guardando una scena del genere, mi son venute in mente tutte le riflessioni fatte in ambito educativo sul rischio, su quanto rischio ci fosse nel lavoro educativo, su quanti colleghi si son fatti male (fisicamente e psicologicamente) provando a fare, bene o male, il proprio lavoro.
Io non ho preso botte nella mia vita professionale, ma credo che sia stato solo un colpo di fortuna, perché molte volte ci sono andato vicino. Alcune volte un po’ di paura me la son portata a casa. Qualche notte insonne, però, l’ho fatta anche io.
Ho visto, però, tanti colleghi star male, soffrire, piangere, aver paura e per giunta cambiar lavoro. Ho sentito educatori dire: ” il costo di questo lavoro è troppo alto, non ne vale la pena, non riesco a reggere, troppo duro…”.
Troppa spazzatura, insomma. Nella versione Americana sarebbe: “Quando il gioco si fa duro , gli educatori iniziano a lavorare, altrove.”
Se pensi di poter fare il lavoro educativo senza rischiare nulla, forse non hai ben in mente che lavoro dovrai fare. Non si può stare in una comunità senza pensare che ragazzi/ragazze non sentano il desiderio di metterti le mani addosso. Non puoi pensare di segnalare una famiglia abusante senza pensare che la rabbia possa riversarti su di te. Non puoi pensare di entrare in una piazza senza che qualche puscher ti identifichi come un poliziotto in borghese. Non puoi lavorare in psichiatria pensando che tutto sia prevedibile e controllabile, qualche pallottola sfugge e se sfugge mentre sei sulla traiettoria, son problemi tuoi e solo tuoi. Non puoi pensare di far l’educatore come se facessi l’impiegato di un call center, insomma.
Questo non vuol dire che tu le debba prendere per forza, ma un certo tipo di rischio lo devi mettere in conto, proprio come il soccorritore egiziano che ha provato a trarre in salvo il ragazzo ferito. Il campo in cui ti muovi è un campo pieno di “palottole” volanti, non un parchetto con dei bambini che giocano con il pallone leggero.
La scena educativa non è una scena di guerra, ma nemmeno una scena piena di gente felice e serena. Per far l’educatore, insomma, oltre alle competenze apprese nella aule universitarie, ci vuole anche una dose di coraggio, altrimenti fai prima a far domanda all’ikea.
Ad alcuni di voi, il paragone con l’uomo ferito dal cecchino sarà sembrato eccessivo e forse lo è.
Spero, ovviamente, che i due ragazzi del video si possano riprendere al più presto e che la questione egiziana si evolva nel miglior modo, lo spero con tutto il cuore. Il resto son cose meno importanti, me ne rendo conto, ma son alcune delle cose che mi stanno a cuore.
Christian S.
La foto come al solito di Marco Bottani ( http://www.ibot.it)