Archivio per la categoria ‘Viaggi Pedagogici’

Giornata di formazione. Gruppo di capi scout. Attenti, motivati, appassionati e disponibili a mettersi in gioco. Una giornata intera di formazione di sabato. Quasi eroici, mi verrebbe da dire.

Alzi la mano chi nel suo tempo libero si è mai piazzato in un parco a parlare di prevaricazioni, cyberbullismo e regole?

Il tema centrale sono le prevaricazioni. Porto un affondo sulle regole e sulle modalità di trattarle, tematizzarle e sui rischi connessi. La discussione si sposta sulla colpa. Facilmente. Succede nel guardare i ragazzini che si accompagnano, succede riguardando le proprie azioni. Succede che il senso di colpa schiaccia e appiattisce. Sposta tutto su desiderio di scusarsi, di pentirsi e di espiare.  E’ difficile non caderci, capita anche a me, nell’analisi della azioni che faccio. Soprattutto da padre, ma anche da professionista.

Succede perché la colpa è pervasiva, culturale, vive e si annida nel profondo. Talmente profonda da immobilizzare o da portare al desiderio di chiudere. Troppo dolore.  Meglio scusarsi e finirla qui. Fa così anche mia figlia. Quando sente che non ha voglia, né spazio per andare avanti. Chiude. Si scusa e prova ad andarsene. La sua fortuna che io non la mollo. Non la mollo perché non voglio che si senta in colpa e soprattutto perché non voglio che tagli corto quando si parla invece di responsabilità.

Ecco il punto: colpa e responsabilità. Bella coppia.

Mi accorgo che la differenza tra colpa e responsabilità non è scontata. La prima, la maledetta colpa, guarda l’individuo, nella sua interezza, parla alla pancia, alle emozioni. Parla di qualche cosa che è sbagliato, mette al centro una specie di senso di tradimento della relazione. Hai sbagliato, ti devi scusare, lo devi fare con me, perché io sono la vittima. Hai trasgredito le regole. Hai tradito anche me, proprietario delle regole. Diventa una questione personale, di rapporto. Conduce in una unica strada, ad un unico modo di uscirne; le scuse. Scusarsi, anche provando a rassicurare che non succederà più. Quante volte abbiamo sentito “non lo faccio più” uscire dalla bocca dei bambini. Promettere di non farlo più vuol dire mettersi in un’ottica pericolosa, dove l’errore viene visto sono in un’ottica di non ripetizione. Ma l’errore è anche altro. E’ prezioso per conoscersi, per imparare a tollerare le imperfezioni degli altri, per scoprire strategie di risoluzione dei problemi, per imparare che siamo esseri imperfetti e che l’errore stesso non è una deviazione della strada maestra, ma parte della strada stessa. Perchè gli errori non si evitano, si affrontano.

Dall’altra parte c’è la responsabilità. Che parla del ruolo che stai attraversando, parla di un pezzo di te, di una cosa che hai o non hai fatto. Parla dell’aver fatto. Parla di qualche cosa che ci sembra cambiabile. Trasformabile. La responsabilità parla dell’azione e le azioni si possono fare in modo differente. Parla, a differenza della colpa, di qualche cosa che ci sembra più facilmente modificabile, ci fotografa l’azione che avremmo dovuto fare, magari in altro modo. Se parliamo di responsabilità diciamo ai ragazzi che devono imparare ad assumersela, che devono rispondere di ciò che han fatto. Non gli diciamo che devono scusarsi, pentirsi, insomma. Se parliamo di responsabilità parliamo di futuro, di diventar grandi, di diventar cittadini, responsabili di una parte del modo che stiamo costruendo. Se parliamo di responsabilità non gli chiediamo di fermarsi,  ma di andare avanti. 

Christian S.

PS: Parte del merito di questo post è dei capi Scout CNGEI di Cesano Maderno che mi ha aiutato a mettere a fuoco, meglio, una questione importante e preziosa, su cui ragiono da un po’. Una tema che mi sarà utile nei prossimi tempi, come uomo, padre e professionista dell’educazione.

viola-scout“Se non fossi stato scout penserei che un foulard sia solo un semplice fazzoletto alla francese e che il nodo piano sia solo un nodo da fare più lentamente degli altri. Se non fossi stato scout crederei ancora che uno zaino non può contenere i ricordi di una vita e che un guidone sia solo una guida turistica più importante delle altre. Se non fossi stato scout saprei ancora vestirmi e non andrei girando in pantaloncini in pieno inverno, rispondendo a chiunque mi dica “ma dove vai vestito cosi”, con un’ espressione al limite tra una smorfia di dolore ed un sorriso: “no, ma non fa così freddo”.Se non fossi stato scout non farei la figura dello spazzino ogni volta che vedo una cartaccia a terra e non avrei le tasche piene di fogli e bustine di plastica. Se non fossi stato scout crederei che le ore 6:00 di mattina siano solo una trovata degli orologiai per riempire gli spazi vuoti di un orologio, ma non avrei idea dell’infinito che si spalanca all’orizzonte quando il sole torna nel cielo dopo una notte d’amore con la luna. Se non fossi stato scout non avrei mai conosciuto il mio più grande amore, la mia chitarra, ma avrei risparmiato i timpani dei miei fratelli del reparto durante i campeggi insieme. Se non fossi stato scout avrei passato l’estate al mare, ignorando il fatto che solo la montagna ti fa comprendere “il senso della tua piccolezza e la dimensione infinita della tua anima”. Se non fossi stato scout penserei ad arrivare prima degli altri durante un’escursione, ed ignorerei totalmente la bellezza di un sorriso che ti regala una compagna in difficoltà quando la aiuti ad andare avanti. Se non fossi stato scout me ne starei a casa al caldo quando fuori piove, ma non avrei mai ascoltato la voce della pioggia sulle foglie degli alberi ed il profumo del sottobosco dopo un temporale. Se non fossi stato scout avrei tanti amici in meno, ma in particolar modo non avrei mai conosciuto fratello fuoco che ti fa compagnia nelle notti più dure, quando la paura di non farcela ti assale la mente e le forze vanno sempre di più a svanire. Se non fossi stato scout crederei che le storie di ragazzi che, con zaino in spalla, camminano per giorni e giorni macinando decine di chilometri in montagna, siano solo leggendarie montature cinematografiche. Se non fossi stato scout non avrei mai combattuto contro Shere Kan e penserei davvero che una pantera ed un orso non possano crescere un cucciolo d’uomo. Se non fossi stato scout non avrei mai scalato una montagna con uno zaino di 10 kg in spalla, ma non saprei che quando sei su, il vento può affogare tutti i tuoi pensieri, se ne bevi abbastanza. Se non fossi stato scout non avrei mai passato notti insonni in una tenda con una pietra a tormentarmi dietro la schiena, ma non mi sarei mai divertito a nascondermi, nelle tende degli altri, dai capi. Se non fossi stato scout, la mattina, invece di fare ginnastica, sarei stato nel letto a dormire, ma non avrei mai “fatto quattro salti in su e mosso un po’ la testa in giù”. Se non fossi stato scout non avrei mai dormito all’addiaccio sobbalzando dal sacco a pelo ad ogni piccolo rumore, ma non avrei mai confidato tutti i miei segreti alle stelle e giocato ad afferrare la luna. Se non fossi stato scout non mi sarei mai innamorato in route, e non avrei mai passato le notti a cercare il coraggio di parlarle, il giorno dopo. Se non fossi stato scout non sarei un uomo con il cuore di un Lupetto, i sogni di un Esploratore e la coscienza di un Rover…”

Forse non servirebbe aggiungere nulla sugli Scout, perché nel racconto trovate già tutto ciò che può esservi utile per capire quale è il valore di un’esperienza educative del genere. Non servirebbe ribadire quanto, ancora di più per i ragazzi moderni, possa essere interessenza fare un’esperienza lontano dalla città, nella natura, un’esperienza di libertà, fatica e di incontro con il mondo. Non servirebbe rimarcare quanto potrebbe essere utile imparare a farcela senza i genitori, imparare ad aiutarsi a vicenda, imparare che le competenze si apprendono, che a volte diventar grandi costa anche gran fatica. Non servirebbe ribadire, oggi ancor di più, quanto sia importante imparare a dividere con gli altri la propria cena e il proprio sacco a pelo oppure quanto sia utile per i nostri figli imparare a prendersi le responsabilità delle scelte del gruppo che si conduce. Si impara ad accettare che i vecchi lupi (così si chiamano gli adulti nel grande gioco scout) si ascoltano in silenzio, perché in un branco (come in un gruppo), i più anziani hanno spesso delle cose interessanti ed importanti da dire. Forse risulta inutile ribadire uno degli elementi che il percorso scout sottolinea in modo costante, ovvero che la protezione dei più piccoli o dei più fragili è un valore fondamentale che permette di stare bene insieme, tutti. Un Valore (lo scrivo volontariamente in grassetto) che non sempre ritroviamo nelle menti e nei comportamenti dei nostri figli.

Solo una cosa, non emerge dal bellissimo racconto: l’esperienza scout è molto più vicina a te di quanto tu possa pensare, sia da un punto di vista culturale, sia dal punto di vista geografico. Lo scoutismo è un’esperienza che mira a produrre cittadini in grado di prendersi le proprie responsabilità nei confronti di se stessi, degli altri e nei confronti del mondo stesso. Gli scout li trovi a pulire i parchi, a costruire case sugli alberi, a cantare e a giocare. Li puoi trovare addirittura a dormire tutti insieme in uno stanzone, giovani e vecchi lupi insieme. Gli scout Cngei (Corpo Nazionale Giovani Esploratori ed Esploratrici Italiani ), se ti è venuta la voglia li trovi facilmente, sono laici, motivati, simpatici (magari non proprio tutti) e aperti ai differenti modi di guardare il mondo. Per avere informazioni ti basta fare un giro sul loro sito (CNGEI) dove trovi tutto ciò che serve scegliere, sempre che tu abbia capito (o desiderio di capire) che cosa faranno fare a tuo figlio. Sempre che tu non abbia paura che si sbucci le ginocchia, perché se è così, forse è meglio che lo tieni a casa, perché a camminare in montagna con lo zaino in spalla si torna sporchi, stanchi, graffitati e con gli occhi ancora pieni di bellezza e libertà.

La storia che avete appena letto gira in rete da tempo, non mi è stato possibile trovarne la Paternità. L’autore mi scuserà. Mi piace anche pensare, però, lasciando volare la fantasia, che sia stato un regalo di un vecchio lupo e che in puro stile scout sia volontariamente senza autore. Perché nel mondo scout non importa chi sei, ma che ruolo, nella grande libro della jungla, interpreti. Il percorso educativo dei lupetti (9-12 anni) è infatti liberamente ispirato al Libro della jungla di Kipling, un testo che consiglio di leggere a tutti i genitori perché pieno di spunti straordinari, utili anche per rafforzare il nostro ruolo genitoriale e nello specifico ciò che attiene alla responsabilità educativa. Utile a ricordarci che la nostra più grande responsabilità è quella di fare dei nostri figlie e delle nostre figlie dei cittadini e cittadine responsabili, rispettosi e solidali. Ci ricorda che abbiamo, come adulti, grandi responsabilità sul futuro della nostra società, più di quello che spesso ci attribuiamo. Il grande gioco scout è uno dei tanti modi per aiutare i nostri figli a crescere, non l’unico ovviamente. Se non ti convince non importa, ti toccherà solo cercare un altro “gioco” che insegni a tua figlia il valore della responsabilità individuale e della condivisione delle esperienze. Buona ricerca allora o come si dice tra gli scout “ Buona caccia”.

Christian S.

Questo articolo è uscito sul numero 4 di Gaggiano Magazine, sempre grazie a Marco Costanzo, che mi permette di assaporare l’odore dei miei articoli su carta stampata.

 

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Oggi, quasi per caso, mi passa sotto gli occhi questo video. Guardandolo ho pensato che fosse un video straordinario, eccezionale, un video speciale. Un video che andrebbe fatto vedere  in tutte le scuole. Un esempio di come si può raccontare un nuova disciplina. Un bella storia che narra del rapporto tra sport e disabilità. Un esempio di come si possa, nonostante i propri limiti, andare oltre ciò che gli altri immaginano per noi. Spesso è proprio lo sguardo degli altri che ci limita.

Correre, saltare, saper cadere, saper atterrare ed allenarsi.  Se volete imparare a farlo , ecco un gruppo di scimmie che fanno al caso vostro.

Ecco una nuova foto di Puffo Germano, il nostro compagno di viaggio.Qui è in Gracia, che invidia.