Archivio per agosto, 2014

IIMG-20140818-WA0001l 28 agosto i blogger del gruppo Snodi Pedagogici scriveranno e pubblicheranno una serie di articoli, sui propri blog, inerenti ai blogging day già pubblicati:

 
#EducazionEAmore
#EducazionEbellezza
#PedagogicAlert
 
Una sorta di conclusione su quanto è emerso fino ad oggi grazie ai vostri contributi, per rileggere assieme a voi i passaggi fondamentali, provando a dare delle risposte ma anche porre e porsi nuove domande, in vista dell’antologia che verrà pubblicata ad autunno e il cui ricavato andrà in beneficenza alla “La locanda dei Girasoli
 
Gli articoli verranno pubblicati sui diversi social con #Pensodunquebloggodue e raccolti sul sito di snodi pedagogici
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Amore, Stereotipi e  Morte.  Quali connessioni si possono trovare con l’educazione?
 
 
  • L’amore per il proprio lavoro, come lo racconta Laura Ghelli in #educazioneEamore

Non solo l’amore per il lavoro educativo ma per il proprio lavoro, quale che sia,  potrebbe forse spingerci a farlo meglio? Oppure è solo la storiella che ci vogliamo raccontare. Come si fa ad amare il lavoro in fabbrica, monotono, ripetitivo e alienante? Come si fa ad amare un lavoro sottopagato, sfruttato e precarizzato? Un luogo di lavoro che cambia ogni settimana, un prodotto che non vedi, l’impossibilità di costruire relazioni lavorative perché ogni 6 mesi i miei colleghi non ci sono più. E’ forse proprio questa la sfida, trovare un briciolo d’amore per la cosa che stiamo facendo nonostante la fatica che ci richiede e le condizioni in cui lavoriamo, nonostante non sia il lavoro che si sognava, nonostante il padrone, il capo, i colleghi vuoti… nonostante tutto. La sfida allora è trovare quel pezzettino di amore che alberga nella possibilità di dare un senso anche dove il senso non pare esserci.

Eccola la sfida impossibile: innamorarsi di ciò che si impara mentre si lavora, dell’opportunità di insegnare ad un collega oppure della sensazione di stanchezza al ritorno a casa. Innamorarsi della soddisfazione di averlo fatto bene.

  • Gli stereotipi, che nel racconto di Claudia Cavaliere diventano fardelli da doversi scrollare di dosso in #educazioneEbellezza

Allora proviamo a scrollarci di dosso qualche stereotipo e generalizzazione che accompagna l’educazione.

  1. Fare educazione non vuol dire rendere le persone ben educate. L’educazione dovrebbe anche contribuire a formare menti curiose e ribelli. Menti che sappiano opporsi alle ingiustizie, alle ineguaglianza, che sappiano rischiare e quando necessario contestare le regole. Educare aiuta a sviluppare il senso critico. Il senso critico produce domande. Le domande chiedono risposte. Le risposte, a volte, son faticose.  Educazione fa rima con fatica.
  2. Fare educazione non consiste esclusivamente nel mettere un mucchio di regole, perché come dice Igor Salomone in questa intervista due regole in contraddizione rischiano poi di creare un sistema stupido e  inefficace.
  3. Fare educazione non vuol dire fornire soluzioni per affrontare i problemi e le difficoltà (anche se questo pare essere il percorso più facile) ma aiutare gli altri a trovare la propria soluzione. Il valore dell’educazione si cela in ciò che gli altri imparano dall’incontro con te, non dal passaggio di trucchetti e/0 strategie educative.

 

  • La morte.

Son felice che ne abbia parlato Elisa Benzi in #pedagogicalert, perché per me è un argomento faticoso, ostico, difficile da sfogliare. Ho provato tempo indietro ad affrontarlo, ma, francamente, mi pare mi vengano meglio affondi su altri temi. Ma ci vuole qualche altro che lo faccia, che ci allerti sulla necessità di parlarne, di preparare e prepararsi alla morte e di farlo anche con i nostri figli. La morte e il dolore, son come la noia, sembrano solo difetti, deviazioni dalla strada maestra, ma son fasi, passaggi che ogni individuo attraversa e che dobbiamo imparare ad affrontare e a nominare. L’educazione lavora anche sui tabu, o almeno dovrebbe farlo, ma quanta fatica facciamo a parlare della morte? Quanta fatica e quanta paura.

Cosa vuol dire educare al dolore? Forse vuol dire imparare a accettare che il dolore dell’altro esiste, imparare a rispettarlo, a non averne paura, imparare a tollerare che a volte uno dei modi di affrontare il dolore sia attraverso il silenzio. Imparare che il dolore passa, quasi sempre. Quasi, perché con alcuni dolori (soprattutto quelli non fisici) a volte è necessario imparare a conviverci, perché rimangono lì “comodamente seduti a guardarci”. In alcuni casi al dolore occorre non opporsi, occorre lasciarlo defluire, andare e correre via. A rapportarsi con il dolore si impara e a volte ci vuole tempo. Io non son tanto bravo a rapportarmi con il dolore, mia moglie lo sa bene.

Christian S.

 

*Appendice: Quale è il valore pedagogico di un Bday (blogging day*)

*Cosa è un Blogging Day: X articoli pubblicati da autori in un medesimo momento su un medesimo tema. (ovvero il qui presente #pensodunquebloggodue)

Per me il valore è stato:

  • Poter incontrare altri sguardi, altri modi di guardare il mondo dell’educazione
  • Poter curiosare nei diversi linguaggi, dialetti e tagli pedagogici
  • Per incontrare e incrociare storie e pensieri che altrimenti rimarrebbero rinchiusi nella mia testa o ad andare bene nel mio blog.
  • Poter ospitare chi ha voglia di scrivere di educazione ma non ha il tempo, la voglia e la costanza di gestire un blog.
  • Poter costruire insieme, in modo condiviso, cultura intorno all’educazione.
  • Poter imparare dagli altri, perché di cose da imparare ne ho ancora parecchie, per fortuna.
  • Imparare cosa è un Bday, un blog crossing, un hashtag, una tag, un link, un blog, e così via.

Per te che valore ha avuto ? (Se hai voglia di raccontarmelo, qui sotto troverai lo spazio che desideri )

 I blogging day fanno parte di un progetto culturale organizzato e promosso da Snodi Pedagogici.
Questo avrà termine con l’estate e sfocerà in un’antologia dei contributi che verrà pubblicata sotto forma di ebook, il cui ricavato andrà in beneficenza alla Locanda dei Girasoli

I blogger che partecipano.

#pensodunquebloggodue-il ritorno

Pubblicato: agosto 13, 2014 in Sarno Pedagogia

pensodunquebloggo