Il lato oscuro dell’educazione. (il terzo capitolo e lo spin off)

Pubblicato: febbraio 27, 2016 in Cinema e Pedagogia, Citazioni Pedagogiche, Contro Cultura Pedagogica, Educazione e Potere, Educazione e Violenza, Pedagogia e Morte, Sarno Pedagogia
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IMG-20151224-WA0001Per chi fa educazione, sia naturalmente che professionalmente ci sono alcuni rischi, alcune possibili deviazioni dalla strada maestra, alcune possibilità di passare al lato oscuro, citando guerre stellari. Proverò qui ad individuarne alcune, sicuro che ve ne siano altre e altrettanto sicuro che io sia caduto, almeno una volta, in tutti i lati oscuri che proverò ad evidenziare.

Capitolo 1 : Educazione VS Manipolazione

Potrebbe essere facile stabilire il confine tra educare e manipolare, ma non lo è. Quanti, nell’atto dell’educare hanno gioito per il ripetersi di un atteggiamento, per l’obbedienza di un bambino, per l’esecuzione quasi automatica di un’azione. Quanti si sono rallegrati di un richiesta apparentemente compresa, assorbita, fatta propria. Chi di noi non ha educato nell’intenzione di trasferire proprie competenze, saperi, comportamenti, valori e agiti? Dove si situa il confine tra la manipolazione, la costruzione dell’altro a nostra immagine e somiglianza e l’educare verso la ricerca della propria strada, dei propri valori, della propria identità? Il confine è labile, una sottile linea su cui camminiamo, a volte oscillando verso il lato oscuro dell’educazione, quel tentativo di “costruire” soggetti che siano come noi, che pensino come noi e che se possibile ci assomiglino anche nelle scelte valoriali. Forse però l’educazione è soprattutto altro; è spingere a cercare il proprio, il proprio modo di pensare anche se è differente dal nostro. Siamo pronti ad accettare che l’educare possa produrre anche differenze, lontananze e addirittura separazioni? Siamo pronti ad accettare che aver contribuito a crescere figli non significhi averli costretti ad aderire ai nostri valori e alle nostre modalità di vivere? A volte non siamo pronti, perché riconoscere se stessi in chi si educa è una azione antica e seducente. Perché ci dà la sensazione di essere arrivati, che sia rimasto qualche cosa di noi nell’altro. Il passo più difficile dell’educare, quello che allontana il lato oscuro, è l’accettazione dell’educare come azione orientata verso il livello più alto possibile di indipendenza del pensiero, delle azioni e dei valori dell’altro. Il più grande successo per chi educa potrebbe essere aver contribuito a far crescere esseri in grado di scegliere consapevolmente la propria strada, anche se questa strada non è quella che avevamo immaginato per loro?

Capitolo 2 : Amore VS Arroganza.

Il secondo lato oscuro è l’arroganza del sapere, quel sapere che alcuni educatori o genitori utilizzano per schiacciare, prepotentemente, gli esseri che avrebbero l’obiettivo di far crescere. Quante volte ho incontrato questa prepotenza, in ambito professionale e nella vita. Quante volte mi son chiesto se il genitore che abusava della sua posizione dominante con il proprio figlio fosse consapevole di essere nel lato oscuro dell’educazione. Qualche volta mi è capitato di ragionarci anche con gli educatori, quando ci siamo interrogati sul potere dell’educazione professionale, su quella posizione dominante che spesso assumiamo grazie alle fragilità e difficoltà delle persona che incontriamo. Il governo e la consapevolezza  di quel potere è ciò che ci permette di non cedere al lato oscuro, a quel lato che smette di dar voce alla forza dell’aiutare per cedere alla forza del dominare. Ho la fortuna di aver incontrato pochi educatori arroganti, lo devo ammettere, ma quando li ho incrociati lo ho riconosciuti subito. L’educatore arrogante è colui che non ha più nulla da imparare, che si pone nell’incontro con le fragilità come colui che sa, come l’unica possibilità di salvezza, che porta la sua competenza non per trasferirla ma per evidenziare la sua posizione di asimmetria, di dominanza. Nei parchi si incontrano anche tanti genitori che han ceduto al lato oscuro, che governano la relazione solo utilizzando la loro posizione di potere, non accorgendosi poi che via via che i figli crescono alcune asimmetrie svaniscono, diventano inefficaci, perché i ragazzi fanno di tutto per sottrarsi alle posizioni di sottomissione, per fortuna. L’educazione è un atto d’amore, un atto che dovrebbe orientare le azioni per costruire il miglior stato di benessere possibile. Educare non è solo competenza tecnica, non si impara solo nelle Università, si impara attraverso la vita, gli incontri e soprattutto attraverso la sperimentazione diretta dell’educazione stessa. Educare, per come la vedo io, non vuol dire innamorarsi dell’altro ma provare ad innamorarsi della relazione che sto costruendo con lui, provare ad innamorarsi di ciò che quella relazione produce, di ciò che possiamo generare insieme, per me e per lui. Quando incontro educatori naturali e professionali innamorati dell’educare, mi pare sia più facile tenere lontano il lato oscuro.

Capitolo 3: Obbedire VS Disobbedire

Da qualche tempo ho come la sensazione che il mondo dell’educazione sia entrato in un strano e cupo viaggio. Un viaggio che sta conducendo gli educatori e le educatrici sempre di più verso un meccanismo di omologazione. Un viaggio in cui sento forte l’assenza di contestazione. Un movimento orientato verso l’accettazione di tutto ciò che succede, dove nulla scalfisce la traiettoria degli educatori.

Si certifica? Bene certifichiamo. Ci son bisogni individuali? Rispondiamo ai bisogni individuali. I servizi (soprattutto quelli sanitari) son pieni di burocrazie, schede, codici, tutto tempo sottratto al lavoro con e per gli utenti. Compiliamo le cartelle e se possibili facciamolo anche bene.

Gli educatori diventano così ottimi compilatori, conservatori di file e cartelle, smarrendo, anche per assenza di tempo, la capacità di stare, di ideare e di rischiare, perché se smetti di far l’educatore (perché passi il tuo tempo a compilar cartelle), smetti anche di saperlo fare. Il mondo attorno a te cambia e i tuoi strumenti, anche relazionali, diventano vecchi. Passi al alto oscuro, al lato che ti porta lontano dalla felicità, verso quella strana e sconfortante sensazione che ti fa pensare che ciò stai facendo non ha nulla a che fare con quello per cui ti sei formato.

Un collega educatore, durante il convegno #assalti al cielo, ha provato a sollecitarci tutti con una provocazione che ho sentito forte e che vi ripropongo.

…e se fosse venuto il momento di disobbedire, di non certificare, di non compilare, …”

Se fosse venuto il momento, aggiungo io, di provare a tornare ad occuparci della costruzione di opportunità, di quelle occasioni che permettono all’altro di “scartare di lato” (citando Bufalo Bill di F. De Gregori). Se fosse venuto il momento di ridurre il tempo per produrre dati che dovrebbero certificare la qualità e che invece sottraggono parte del tempo proprio alle funzione educativa?

L’educazione non sta rischiando di diventare, solo, propedeutica a risolvere problemi già emersi? Di certo, in questi tutti i servizi, non si lavora né per provare ad anticipare né per deviare e spingere verso il cambiamento. Si lavora, soprattutto, per aiutare gli altri ad adattarsi.

Se così fosse, il mondo educativo, avrebbe già ampiamente ceduto al lato oscuro della forza. Se fossi così forse servirebbe un risveglio della forza. Un ritorno alla sua funzione originale. Uno spazio in cui rivendicare la necessità di “disobbedire “, di fermarsi, di provare (e forse lo si può fare solo insieme) a sottrarsi ad alcuni compiti.

Siamo sicuri, in questa direzione, che sia così necessario avere gli educatori a scuola? (giusto per fare un esempio). Siamo sicuri che la funzione educativa, all’interno della scuola, debba essere delegata ad altri e che non sia una funzione inscindibile dall’insegnamento? Siamo pronti a lavorare perché, tra qualche anno, a scuola non vi siano più educatori ed insegnanti ma solamente docenti che utilizzano le proprie discipline per educare. Siamo disponibili a rinunciare ad una “fetta della torta”, se questo porta benessere e felicità a quel soggetto o quel sistema? Per far questo è necessario esser pronti a rinunciare alla seduzione del lato oscuro. Perché il lato oscuro da potere, questo è certo.                                   

Capitolo 4. Lo spin-off (prossimamente): Titolo VS Senza titolo Vs Diversamente titolo

Il mondo dell’educazione professionale è un posto strano, una strada professionale piena di personaggi interessanti, più lo frequento più me ne convinco. Negli ultimi anni, però, si assiste al nascere di una strana sfida intestina, una sfida tra educatori. Un vera e propria battaglia tra professionisti, che attraverso differenti percorsi professionali fanno o dovrebbero fare lo stesso lavoro. Da una parte gli educatori che da anni lavorano nei servizi (con o senza i titoli adeguati) e dall’altra il nuovi laureati (con 2 titoli che vanno in conflitto tra di loro). Tutti contro tutti, in una folle lotta all’ultimo posto di lavoro, dove la voce fuori campo sembra dire: “Ne resterà uno solo”. 

Quella voce fuori campo mi ricorda il nulla che avanzadella storia infinita, altro che lato oscuro.

Christian S.

I primi due capitoli di questo articolo erano stati già pubblicati il 17 luglio 2014 sul blog di Sylvia Baldessari “Il piccolo Doge”, il terzo è fresco fresco di giornata. Lo Spin-off, un anticipazione del capitolo 4.

Ringrazio Syliva che ha custodito i primi due capitoli nel suo blog e Massimo V. caro amico e collega. E’ anche grazie a lui se a 43 anni mi faccio, ancora, un sacco di domande. E’ grazie a lui se è nato il terzo capitolo di questa storia.

commenti
  1. Fabio ha detto:

    Alcune sono ottime riflessioni, frutto da una mente fine, ma forse si allontanano dal principio primo che e’ luce guida di chi di Educazione , deve occuparsi, per il Pedagogista educare significa Educere e quindi mai modellare, mai farsi emulare, anche se , in maniera indiretta egli e’ esempio . Rispondo al quesito sulle dispute Educatore laurea educatore senza, essendo partecipativo in questo processo. E penso che l’impianto normativo che si sta’ costruendo permettera’ un futuro a questa disciplina, che nella sua attualita’ di professione liquida, ci concedeva tutto e niente proprio per la sua disomogeneita’ talvolta anche regionale della struttura formativa , per svolgere la professione, ( enti / corsi /licei / facolta’ diverse ) . Occorreva un anno zero , dove grazie a un termine si poneva fine ad un continuo travaso di nuovi elementi formativi. La legge dice 2, bene cominciamo da qui, senza fare un inutile macelleria sociale, diamo forma insieme ad un modello professionale, che abbia connotati di esclusivita’ metodologica rispetto anche a professioni concorrenti nel mercato del lavoro; perche’ e’ indiscutibile che una professione e’ forte e autorevole se, svolge un azione esclusiva. E ci rendiamo conto ogni giorno di quanti bisogni educativi riscontriamo in questa societa’. Quindi remiamo verso una dignita’ professionale come e’ stato per altre professioni al di fuori di pensieri che possono solo allontanarci dalla meta che e’ quella di permetterci di valorizzare la nostra utilita’.
    Fabio Sestu Pedagogista e Consulente Pedagogico

    • biviopedagogico ha detto:

      Grazie Fabio, sia per l’attenzione al mio post che per i gli spunti che lasci. Non so se il mio post porti lontano, sicuramente porta da “alcune parti”, quelle che toccano il mio modo di osservare il nostro mondo. Rispetto a quel tuo “dar dignità alla professione” io ho un’idea differente, soprattutto se è connesso con il percorso relativo alla legge Iori. La professione, almeno per come la esercito io e per come la vedo praticare, ha già ampia dignità. Credo da sempre che per dar dignità ai ruoli e alle azioni educative e pedagogiche si debba farle bene e basta. Per il resto non ci posso fare nulla, la guerra che vedo in atto tra gli educatori, mi produce disagio e imbarazzo propio perchè non ho la sensazione che la direzione sia in difesa della dignità professionale ma quella della ricerca di uno spazio individuale. Tornando al “principio primo” che citi, mi trovi d’accordo, ma poi si arriva al principio secondo al terzo e così via. L’educazione ha anche una responsabilità politica e io ci tengo molto. Non basta aiutare a tirar fuori, alcune volte, è necessario un movimento in più. Sulla questione dei titoli hai ragione Fabio. Occorreva un anno zero. Ma occorrerrebbe anche grande attenzione ora, giusto per non creare altri problemi mentre se ne risolve uno. Un problema creato anni indietro (fine anni 90), quando le facoltà hanno aperto i corsi di laurea mentre nel settore lavoravano già migliaia di educatori ed educatrici e nulla è stato fatto. Oggi, senza attenzione, si rischia di farlo male. Festeggeremo la formalizzazione e risistemazione (quella che porterà a poter fare l’educatore solo con la laurea e/o diploma di educatore professionale) e poi ne dovremo risolvere un altro. Ovvero:Capire cosa succederà a coloro che non rientrano nella legge ma da 20 anni lavorano come educatori ed educatrici. Magari questo problema non tocca me o te. Ma stai sicuro che, per come si son messe le cose, avremo (sempre che ci interessi occuparcene) qualche problema importante. Problemi che toccano, anche, padri e madri di famiglia con esperienze, competenze pari se non superiori anche ai laureati magistrali. Detto questo, caro Fabio, mi amareggia guardare gli educaotri che osservano il nostro mondo come se gli atri colleghi non dovessero esistere. Invece che ci piaccia o meno, esistono e dovremo pur farci i conti. Poi Fabio, io non ci posso fare nulla, per me la differente provenienza (sia formativa che culturale) degli educatori è un valore perché porta sempre degli sguardi sul mondo differente. Spero che si riesca a non perderla.
      Un caro saluto.
      Christian Sarno

  2. Salve sono Vanessa anch’ io una pedagogista ho scoperto questo blog e lo trovo molto interessante, sicuramente potremmo scambiarci I nostri punti di vista. Ti invito a dare un’ occhiata anche al mio blog. Saluti Vanessa

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